L’Archivio di Stato di Matera svolge funzioni di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio documentario dello Stato. In particolare conserva documenti non più occorrenti all’attività amministrativa degli organi giudiziari e amministrativi dello Stato. Fu istituito nel 1955, con decreto del Ministro dell’Interno, come Sezione di Archivio di Stato.
A seguito del D.P.R. 1409 del 1963, assunse l’attuale denominazione. Nell’istituto vennero successivamente trasferiti alcuni fondi precedenti l’istituzione della Provincia di Matera: in particolare, le carte della corte ducale di Montepeloso, gli atti dei giudicati regi di epoca napoleonica e borbonica, gli atti notarili del distrettto di Matera (1376 – 1878), i catasti provvisori dei comuni del materano, lo stato civile (1809 – 1865), le carte delle corporazioni religiose.
In questa scheda sono elencati, in numeri, le maggiori caratteristiche dell’Archivio di Stato.
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Premessa
Il nucleo documentario più antico e più interessante per studiosi e ricercatori venne trasferito dall’Archivio di Stato di Potenza: pergamene, protocolli notarili, atti giudiziari, atti di polizia.
Successivamente prendono il via i primi versamenti da parte degli uffici statali della provincia e, seppure con difficoltà ed in locali angusti, l’ufficio inizia a consolidarsi nelle sue funzioni di conservazione e valorizzazione, potenziate ed ampliate dall’acquisizione di nuovi ambienti e spazi, da mettere a disposizione dell’utenza e della collettività, negli anni ’80 del 1900.
L’Archivio di Stato, ai sensi del D.P.R. 30 novembre 1963, n. 1409,
Le origini
L’Archivio di Stato di Matera è nato nel secondo dopoguerra con caratteristiche comuni ad altri istituti sorti in quel periodo in Italia.
L’elevazione di Matera a capoluogo provinciale, già realizzata nel 1927, e la istituzione degli uffici governativi consentiva la previsione della creazione della città di un Archivio di Stato provinciale, sulla base delle disposizioni contenute nella Legge n. 2006 del 22 dicembre 1939, che aveva ampliato la rete archivistica nazionale.
L’approvazione della legge del 1939 suscitò attese e speranze negli studiosi materani di cui si fece portavoce Giuseppe Gattini junior.
Con una lettera raccomandata, datata 12 maggio 1942, Giuseppe Gattini erede del fu Nicola Gattini, a nome proprio e dei fratelli Carolina, Maria, Tommaso e Michele, interessò l’Ufficio Centrale degli Archivi di Stato per la donazione di una parte dell’archivio di famiglia all’istituenda Sezione di Archivio di Stato di Matera.
Nella stessa lettera auspicava, inoltre, la celere autorizzazione da parte del Ministero dell’educazione nazionale del trasferimento all’istituendo istituto archivistico provinciale delle opere ed oleografie consegnate senza alcuna formalità nel 1920 da sua madre Nicoletta Vizziello al Senatore Domenico Ridola, fondatore e direttore dell’omonimo Museo cittadino.
All’istituto archivistico sarebbe stato donato quanto a suo tempo trasferito presso il Museo Ridola, la restante collezione di autori lucani conservata presso l’abitazione di Matera e soprattutto “… circa 5000 documenti cartacei, che il sottoscritto ha riunito in una trentina di pacchi e n. 162 pergamene, quasi tutte in ottime stato di conservazione la cui più antica risale all’anno 1065 (millesessantacinque) e la più recente al 1771.”.
Non escludeva, poi, che a seguito di un successivo esame, potesse essere donato altro materiale, eccetto però i documenti riguardanti la famiglia.
Un impegno perfettamente in linea con l’orientamento già espresso dal medesimo, in qualità di delegato podestarile dell’Amministrazione comunale il 27 gennaio 1942, di trasferire alla Sezione di Archivio di Stato anche l’archivio storico comunale, facendo esplicitamente riferimento all’ “… offerta del Dott. Giuseppe Gattini di donare allo Stato l’archivio privato della propria famiglia …”.
Tale complesso di atti e documenti doveva essere il nucleo centrale, più antico e più prezioso, del nuovo archivio provinciale.
L’inesistenza, infatti, di un istituto archivistico aveva spinto Nicola Gattini, figlio dello storico Giuseppe Gattini e padre di Giuseppe Gattini Jumior, a concordare con Domenico Ridola la costituzione all’interno del museo archeologico di una sezione, da intitolare alla famiglia Gattini, in cui sarebbero state raccolte opere varie, stampe e manoscritti, facenti parte della biblioteca familiare, alcuni pacchi di documenti riguardanti la città e le famiglie nobili estinte e fiorenti di Matera nonché una serie di ritratti ad olio raffiguranti materani illustri.
Nel 1919, quando si stava concretizzando l’accordo, venne a mancare Nicola Gattini e la vedova, Nicoletta Vizziello, rispettando la volontà del marito consegnò al Ridola quanto già era stato individuato.
La mancanza di locali lamentata dall’istituto museale non consentì la sistemazione adeguata di quanto già trasferito e scoraggiò la consegna di altro materiale.
Proprio il Ridola, del resto, quale direttore onorario dell’omonimo Museo, si era interessato alla salvaguardia di alcune fonti archivistiche con una lettera del 15 febbraio 1923 indirizzata al Ministro, presumibilmente della Pubblica Istruzione, nella quale chiedeva di poter trasferire presso il Museo Nazionale alcune platee di monasteri soppressi abbandonate presso l’Ufficio del Registro del capoluogo, da lui stesso esaminate già nel 1917 per i suoi studi.
La legislazione archivistica del periodo prevedeva, infatti, che i versamenti degli atti prodotti dagli uffici dello Stato fossero effettuati presso l’Archivio di Stato di Potenza.
La distanza di Potenza, l’indubbia negligenza dei responsabili dei diversi uffici, problemi di spazio, se da un lato conseguirono il versamento all’Archivio di Stato di Potenza di molta documentazione, causarono anche la dispersione di altra e la distruzione di una parte.
Parte delle pergamene degli enti e monasteri soppressi consegnate dagli Uffici del Registro furono vendute a fuochisti per la confezione di fuochi pirotecnici.
La guerra con i problemi e i disagi ad essa connessi ha procrastinato al 1955 l’istituzione in città della Sezione di Archivio di Stato di Matera a cui fu provveduto con Decreto Ministeriale del 18 marzo dello stesso anno.
L’Amministrazione provinciale prese in affitto alcuni ambienti del piano terra di un palazzo di nuova costruzione nel centro della città e iniziò allora il lungo processo di costituzione dell’Istituto, in un clima culturale distratto dall’applicazione della Legge sui Sassi e dall’avanzato sperimentalismo urbanistico, nell’oblio della volontà della famiglia Gattini.
Funzioni
Gli Archivi di Stato conservano gli archivi degli organi periferici dello Stato preunitari e postunitari e gli archivi e i singoli documenti che lo Stato ha in proprietà e in deposito per disposizione di legge o per altro.
Per tale motivo, oltre alla documentazione statale unitaria e preunitaria, risalente al Basso Medioevo, gli Archivio di Stato detengono gli archivi notarili anteriori agli ultimi cento anni, gli archivi degli enti ecclesiastici e delle corporazioni religiose soppresse, i cui beni vennero confiscati dallo Stato, gli archivi degli enti pubblici soppressi.
Possono ricevere in deposito archivi degli enti pubblici territoriali e non, e quelli dei privati: famiglia, persone, imprese, ecc..
Gli archivi privati possono essere anche acquisiti per acquisto, donazione, lascito.
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